Studio Legale Pagano & Partners

Tribunale di Ancona: beneficia della procedura liquidatoria un ex titolare di tabaccheria

180.000 euro di debiti diventano la causa dell’apertura di una procedura liquidatoria, grazie al lavoro dello studio legale Pagano&Partners

L’uomo che si è rivolto allo studio Pagano & Partners è sposato e ha un bambino. 

La sua storia debitoria inizia dal lontano 2008 quando rilevava una tabaccheria/ricevitoria chiedendo alla banca un mutuo di euro 150.000, con iscrizione di ipoteca sull’immobile di sua proprietà. La rata del mutuo superava i 1.000 euro al mese.

L’attività registrava inizialmente un’ottima resa, in gran parte dovuta ad assidue giocate al lotto di un unico cliente, tuttavia, essendo la contabilità gestita da un commercialista poco attento, i conti correnti non risultavano in linea nonostante gli elevati incassi.

La situazione peggiorava di anno in anno fino a quando l’Agenzia delle Entrate gli notificava un’esosa cartella di pagamento. Il commercialista lo rassicurava dicendogli che avrebbe risolto il problema, tuttavia l’uomo riceveva un fermo amministrativo sull’auto e dopo ancora altre sanzioni. 

La situazione debitoria nei confronti dell’amministrazione finanziaria raggiungeva la somma altissima di 180.000 euro.

Il 2015 era per l’uomo l’inizio della fine: il cliente che era solito effettuare le cospicue giocate al lotto gli chiedeva continuamente anticipi e arrivava ad accumulare un debito di circa 75.000 euro, rendendosi dopo di fatto irreperibile.

Il cliente dello Studio Pagano & Partners presentava una denuncia querela nei suoi confronti e apprendeva che la condotta perpetrata dal suo cliente era inquadrabile all’interno di una maxi truffa. Purtroppo, però, non essendosi costituito parte civile per l’impossibilità di pagare un avvocato, non aveva diritto ad alcun risarcimento.

Per le continue difficoltà economiche, fra il 2016 e il 2018, ricorreva al credito chiedendo prestiti per oltre 40.000 euro.

L’anno successivo, nel 2019, il comune decideva di rifare il selciato antistante la tabaccheria e questo, per mesi, impediva il traffico pedonale diminuendo di gran lunga gli incassi dell’attività commerciale. La decisione era presa: l’attività doveva essere venduta. I 20.000 ricavati servivano all’uomo per appianare una minima parte dei debiti accumulati, così decideva ancora una volta di fare un altro mutuo e altri prestiti, anche per esigenze familiari.

I debiti erano insostenibili: superavano i 350.000,00.

Il clienti si rivolgeva quindi allo Studio Pagano & Partners che, dopo l’analisi della posizione, ha valutato di procedere con la liquidazione del patrimonio (una delle procedure previste dalla Legge 3/2012).

Cosa è una liquidazione?

È possibile accedere a questa procedura prevista dalla Legge 3 del 2012 anche senza essere in possesso di beni mobili/immobili (in questo caso si metterà a disposizione dei creditori ad esempio una provvista mensile derivante dallo stipendio) o avendo solo un reddito esiguo.

Vi si può accedere chiaramente anche nel caso in cui vi siano beni del debitore da liquidare (che siano ad esempio immobili o mobili registrati come le auto).

Il soggetto sovraindebitato, non avendo la possibilità di riuscire a formulare una proposta di rientro per tutti i creditori, prende la decisione di liquidare tutto quello che è il suo patrimonio.

Il debitore quindi cede il proprio patrimonio, destinandolo al pagamento dei suoi debiti. Il vantaggio concreto consiste nel fatto che il patrimonio disponibile è inferiore a tutto il monte debitorio e spesso non è di facile liquidazione e vendita.

Grazie a questa procedura vengono innanzitutto individuati i suoi beni, compreso lo stipendio. Si escludono dalla liquidazione i beni non pignorabili, i crediti necessari per l’alimentazione e il mantenimento nonché gli stipendi, nella misura necessaria al mantenimento del debitore e della sua famiglia.

Il Gestore della Crisi, nominato da un Organismo di Composizione della Crisi, redigerà –d’accordo con l’eventuale professionista designato e con il debitore- una relazione particolareggiata di attestazione che depositerà in Tribunale contenente, tra l’altro, una stima di questi beni, sia mobili che immobili.

Il giudice verificata la correttezza e la fattibilità della procedura emetterà il decreto di apertura della procedura liquidatoria.

L’obiettivo sarà quello di liquidare i beni riuscendo a sanare, almeno in parte, i debiti contratti dal soggetto sovraindebitato.

Tutto il ricavato, infatti, verrà successivamente destinato al pagamento, totale o parziale, dei debiti.

La procedura avrà la durata minima di 4 anni.

Tramite il decreto di apertura della liquidazione del patrimonio verranno sospese tutte le procedure esecutive pendenti e non potranno esserne iniziate di nuove.

Al termine della procedura il debitore, che avrà in qualche modo “sanato” la situazione derivante da impegni economici (obbligazioni) non rispettati nei confronti di tutti creditori, che si sarà comportato con diligenza, che avrà cooperato con gli organi della procedura, che non avrà omesso altri proventi e non avrà contratto nuovo debito, potrà aspirare ai benefici dell’esdebitazione e liberarsi definitivamente da tutti i debiti avendo nuovamente accesso al credito. L’esdebitazione non è automatica e andrà richiesta al giudice mediante ricorso.

Il fine ultimo delle procedure di sovraindebitamento è infatti l’esdebitazione, la totale liberazione dai debiti con lo stralcio definitivo del residuo (ciò che non si è “ripianato” con la procedura) e la possibilità di avere nuovamente accesso al credito.

L’uomo mette a disposizione della procedura liquidatoria:

un immobile di valore stimato pari circa a 90.000 euro;

lo stipendio mensile decurtato del necessario per il sostentamento della propria famiglia per quattro anni

un auto del valore di circa 2.000 euro. 

Un ottimo risultato che si completerà con la richiesta e l’ottenimento dell’esdebitazione, alla fine della procedura, se sarà rispettato quanto stabilito.

A questo proposito è bene citare uno stralcio del provvedimento:

 

Giova rilevare che il legislatore – de jure condito (in considerazione della prospettata riforma ai sensi della legge delega n. 155/2017) – ha voluto – in assimilazione con l’istituto fallimentare – scindere i profili di ammissibilità della procedura con quelli di ammissibilità della esdebitazione, in modo che all’una non debba conseguire necessariamente l’altra (impregiudicata ogni valutazione de iure condendo sulla opportunità di consentire l’accesso volontario ad un istituto per poi negarne il fine ultimo all’esito). La valutazione meritoria (contenuta nell’art. 14 terdecies), non è stata presa in considerazione quale condizione di ammissibilità – data esclusivamente dalla idoneità della documentazione prodotta alla ricostruzione compiuta della situazione economica patrimoniale del debitore (art. 14 ter comma 5) – ma recuperata quale presupposto per la concessione della esdebitazione, richiamando alla mente quanto già previsto dall’art. 142 l.f. e lasciando intendere che il giudice evocato dovrà effettuare una valutazione sulla quantità satisfattiva dell’attività liquidatoria rispetto alla massa passiva, oltre che sulla diligenza dispiegata nel periodo di contrazione delle obbligazioni, sull’assenza di atti frodatori delle ragioni creditorie e sul comportamento tenuto durante la procedura liquidatoria.

 

Con ciò il giudice ha voluto sottolineare come (per le procedure iniziate prima del 15 luglio 2022) la valutazione che esso compie circa l’ammissibilità della procedura, si differenzia dalla valutazione relativa all’opportunità di concedere effettivamente l’esdebitazione medesima. La seconda valutazione, infatti, si fonda su requisiti non presi in considerazione al momento della decisione circa l’opportunità di ammettere il richiedente alla procedura di liquidazione.

Oggi si beneficia della riforma della disciplina relativa, che in precedenza inquadrava il caso di specie all’interno della legge fallimentare, mentre oggi lo si ritrova nel Nuovo codice della crisi e dell’insolvenza. La differenza principale risiede nel fatto che per i procedimenti iniziati dopo il 15 luglio 2022 l’esdebitazione interviene di diritto alla chiusura della procedura relativa, ovvero trascorsi tre anni dalla sua instaurazione, a prescindere da che sia terminata o meno la procedura di liquidazione; nella disciplina previgente, invece, l’esdebitazione era subordinata ad un’istanza della parte e alla conseguente emanazione di un provvedimento giudiziale.


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