Studio Legale Pagano & Partners

Nel caso in esame lo studio ha assistito una società correntista in un giudizio promosso contro un noto istituto di credito.

Al riguardo preme evidenziare che lo Studio Pagano, per onestà d’informazione, ha ritenuto doveroso commentare anche i provvedimenti che come questo che commenteremo hanno avuto un esito sfavorevole.

Nella specie verrà commentata  sia l’Ordinanza, sia la Sentenza di rigetto e condanna pronunciata nei confronti della Società correntista attrice e resa dal Giudice monocratico a conclusione del richiamato giudizio.

In particolare, nel caso di specie, parte attrice chiedeva che venissero accertati gli addebiti di interessi usurari e anatocistici, nonché le commissioni di massimo scoperto (CMS) e che la banca convenuta venisse condannata alla restituzione delle somme indebitamente percepite e al risarcimento dei danni patiti.

Controparte si costituiva quindi ritualmente in giudizio chiedendo il rigetto di tutte le istanze avversarie.

In corso di causa veniva chiesta e ammessa C.T.U. contabile, ma veniva invece disattesa con ordinanza l’istanza di esibizione (ex art. 210 c.p.c.), formulata da parte attrice ed avente ad oggetto la documentazione bancaria relativa al rapporto oggetto di causa.

in particolare, Il Giudice monocratico rigettava l’istanza di esibizione, ritenendola generica e non meritevole di accoglimento, in quanto a suo dire, competeva esclusivamente a parte attrice produrre in giudizio la documentazione relativa al rapporto bancario.

Nella specie il Giudice di prime cure, a sostengo della propria statuizione richiamava la sentenza della Suprema Corte n°19475/2005, la quale prescrive che “non può essere ordinata, in relazione al disposto dell’art. 210 c.p.c l’esibizione in giudizio di un documento dei una parte o di un terzo, allorquando l’interessato può di propria iniziativa acquisirne una copia e produrla in causa”.

Il Giudice ha quindi fondato il proprio diniego sulla scorta di quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il correntista, attore in giudizio, ha l’onere di depositare in via integrale tutta la documentazione inerente l’andamento del rapporto di conto corrente; subordinando l’ammissibilità dell’ordine giudiziale di esibizione ex art. 210 c.p.c. al previo ma vano esercizio del diritto di ricevere la documentazione ex art. 119 T.U.B..

A tal riguardo è doveroso rilevare che il suddetto orientamento è stato recentemente superato dalla  Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione che con la sentenza del 23 febbraio – 15 marzo 2016, n. 5091, ha definitivamente sancito il principio di diritto secondo cui a prescindere da chi inizi la vertenza, è sufficiente che l’esistenza del rapporto di conto corrente sia pacifica, ovvero non contestata tra le parti litiganti, perché possa ordinarsi alla banca di esibire tutti gli estratti conto e perché venga ammessa una C.T.U. contabile finalizzata al ricalcolo del saldo reale.

Nel caso in esame si precisa che la società attrice, suo malgrado, non era in possesso della completa documentazione bancaria inerente al rapporto in contestazione e, quindi, correttamente aveva fatto espressa richiesta all’istituto convenuto, ai sensi dell’art.119 TUB, della copia di tutti i contratti di corrispondenza, e di tutti i contratti di apecredito e dei relativi estratti conto.

L’art. 119 T.U.B. rubricato “comunicazioni periodiche alla clientela” disciplina, infatti, la richiesta della documentazione bancaria relativa agli ultimi dieci anni.

In particolare la norma in commento dispone che le banche e gli intermediari finanziari:

1) devono fornire al cliente, nei contratti di durata, una comunicazione chiara in merito allo svolgimento del rapporto, almeno una volta all’anno e comunque alla scadenza del contratto (l’invio al cliente deve avvenire in forma scritta o mediante altro supporto durevole, preventivamente accettato dal cliente) (art. 119 T.U.B., comma 1);

2) per i rapporti regolati in conto corrente, devono inviare al cliente l’estratto conto, con periodicità annuale oppure a scelta del cliente, con periodicità semestrale, trimestrale o mensile (art. 119 T.U.B., comma 2).

3) devono fornire al cliente (o a colui che gli succeda a qualunque titolo o che gli subentri nell’amministrazione dei suoi beni), se lo richieda, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, e questo entro un congruo termine e comunque non oltre 90 giorni dalla domanda, con addebito al cliente dei costi di produzione della documentazione (art. 119 T.U.B., comma 4).

In punto si ritiene doveroso evidenziare che l’art. 119 T.U.B.,  seppure nulla dispone in merito alla copia dei contratti, si ritiene che sia indiscutibile che il cliente abbia il diritto di ricevere anche copia dei contratti sottoscritti.

Il diritto del cliente di ricevere copia dei contratti è difatti ben più ampio rispetto a quello di ricevere la semplice copia della documentazione relativa a “singole operazioni” compiute negli ultimi dieci anni, disciplinata dall’art. 119 T.U.B.

L’obbligo in capo alla banca di consegna del contratto consegue difatti al dovere generale di comportamento secondo correttezza, imposto ad entrambi i contraenti di un contratto.

Nel caso che ci occupa, l’istanza di cui alla norma in commento veniva regolarmente formulata all’istituto di credito dalla società correntista, tuttavia la richiesta veniva solo parzialmente evasa dalla Banca, la quale si limitava a consegnare solo alcuni contratti senza invece mettere a disposizione gli estratti conto degli ultimi dieci anni del rapporto.

Tale mancanza si ritiene sia stata determinante al fine dell’esito sfavorevole della causa, in quanto il Consulente Tecnico d’Ufficio, non avendo a disposizione tutta la documentazione necessaria alla verifica della sussistenza degli addebiti di interessi usurari ed anatocistici, nonché delle commissioni di massimo scoperto (CMS), non è stato in grado di accertarne la relativa presenza.

Ciò posto, non si può esimersi dal non evidenziare che il giudice del merito, ha errato nel respingere l’istanza di esibizione alla banca della documentazione necessaria alla ricostruzione dei rapporti di c/c con l’attrice e con ciò ponendosi altresì in contrasto con la Sentenza della Suprema Corte del 2016n. 5091; la quale ha stabilito un interessante principio di diritto in tema di C.T.U. contabile e sull’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c.

In particolare, i Giudici di Piazza Cavour, con riferimento alla C.T.U. contabile hanno statuito che, “quando la parte chieda una consulenza contabile sulla base di una produzione documentale, il giudice non può qualificare come esplorativa la consulenza senza dimostrare che la documentazione esibita sarebbe comunque irrilevante”.

Mentre per quanto strettamente attiene l’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c., gli Ermellini hanno proseguito stabilendo che sarebbe da intendersi meramente esplorativa “allorquando neppure la parte istante deduca elementi sulla effettiva esistenza del documento e sul contenuto per verificarne la rilevanza in giudizio” ;precisando che la richiamata ipotesi non possa ricorre nel caso in cui non sia possibile mettere in dubbio l’esistenza stessa dei rapporti oggetto di indagine per la mancata contestazione da parte della banca che, di conseguenza, confermerebbe implicitamente l’esistenza della documentazione relativa alla loro gestione.

Ferme le eccezioni che precedono si ritieni quindi che la richiamata sentenza sia errata e, pertanto, sarà necessariamente oggetto di impugnazione.

Trovate la sentenza in allegato.


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