Studio Legale Pagano & Partners

Il Tribunale di Pavia apre la procedura liquidatoria a favore di marito e moglie indebitatisi per oltre un milione di euro

I debiti così consistenti derivano dall’attività imprenditoriale condotta fino al 2018

I coniugi, che hanno una figlia ancora minorenne, oggi vivono in una casa presa in locazione.

La loro è una storia lunga e complessa che inizia nel 2005 allorquando l’uomo costituiva, insieme al fratello, una s.n.c. avente ad oggetto sociale la distribuzione di carburante con bar e autolavaggio.

Inizialmente si occupavano solo della gestione del bar ma nel 2008 la moglie prendeva il posto del cognato e assumevano, marito e moglie, la gestione di tutto l’impianto. Tale impianto inizialmente era stato dato con contratto da “direttore” e gestione diretta da parte di un’importante compagnia petrolifera, la quale garantiva uno stipendio ai coniugi e ai tre dipendenti.

A garanzia di tale contratto, la s.n.c. aveva fornito una fideiussione per euro 50.000,00. Tale garanzia avrebbe dovuto intervenire nel caso in cui la compagnia petrolifera si fosse trovata ad esigere un credito nei confronti della s.n.c.

Successivamente, la compagnia petrolifera decideva di dare in gestione diretta l’intero impianto alla s.n.c. dei coniugi.

Concluso il rapporto contrattuale la compagnia gli inviava la chiusura contabile di esercizio promettendo che gli avrebbe bonificato un importo pari ad euro 3.000,00. Bonifico mai effettuato.

Anzi, la compagnia petrolifera arrivava dopo a sostenere che la s.n.c. gli fosse debitrice di una somma pari ad euro 62.000,00 per inadempimento dell’obbligo di versamento dei proventi di vendite effettuate e richiedeva alla banca l’escussione della fideiussione.

La s.n.c. ricorreva in tribunale per ottenere l’inibitoria di escussione della fideiussione e la otteneva in quanto la compagnia, per un mero disguido, non si costituiva. La garanzia fideiussoria veniva così “congelata”.

A causa di tali spiacevoli avvenimenti, i coniugi si ritrovavano in seria difficoltà nella gestione della loro attività infatti per poter proseguire erano costretti a richiedere alle banche diversi fidi nonché prestiti ai loro familiari.

Erano anche costretti a svolgere altre attività che comunque gli permettevano solo di far fronte ai bisogni primari: l’uomo trovava lavoro prima come agente di commercio e poi come impiegato presso una ditta, la donna come segretaria in diverse aziende.

Nel 2011 la s.n.c. veniva messa in liquidazione e cancellata nel 2018.

La difficile situazione economica travolgeva anche la possibilità di far fronte alle rate del mutuo contratto per l’acquisto della loro prima casa, nel 2010, per il quale addirittura i genitori della signora avevano prestato garanzia fideiussoria.

Ad oggi la casa, a seguito dell’avvio della procedura esecutiva da parte della banca, è stata aggiudicata.

Negli anni i debiti contratti sono stati consistenti e hanno coinvolto anche i loro familiari che hanno sempre rilasciato garanzie a favore dei coniugi per cercare di risollevare la loro situazione senza purtroppo riuscirvi.

Di seguito un sintetico elenco delle vicende debitorie intercorse.

Nel 2008 i coniugi contraevano un altro mutuo con altra banca per l’acquisto di un altro immobile, venduto nello stesso anno.

Permangono oggi debiti della vecchia s.n.c. nei confronti di una banca per oltre 100mila euro, esclusi interessi per scoperto di conto.

Oltre ai suddetti contratti di mutuo l’uomo nel 2011 in qualità di legale rappresentante della s.n.c., insieme al fratello e al padre, stipulava anche un atto di ripiano crediti chirografari mediante piano di ammortamento per risanare la sofferenza del conto corrente bancario intestato alla cessata s.n.c.

Per tale contratto tutti avevano prestato garanzia fideiussoria e concessa ipoteca di quarto grado su un immobile di cui possedevano tutti delle quote.

Nel 2019 la quota dell’immobile di proprietà dell’uomo veniva sottoposta a pignoramento immobiliare.

Ancora prima, nel 2009, il padre aveva prestato fideiussione a favore della s.n.c. fino alla concorrenza di € 120.000,00 e a garanzia della restituzione dell’importo rilasciava, insieme al figlio, ipoteca volontaria su un altro immobile per le quote di loro proprietà.

Oggi l’unità immobiliare è stata sottoposta a pignoramento ma non è ancora stata venduta all’asta.

Sempre nel tentativo di salvare la propria attività lavorativa i coniugi sottoscrivevano un altro contratto di finanziamento con altra banca per euro 30.000,00.

Tale credito veniva ceduto dalla banca a una società finanziaria e i signori inviavano a quest’ultima 100 cambiali dell’importo di euro 200,00 ciascuna, con scadenza prima rata nel 2016 per il rientro totale del debito. Ancora oggi  vengono puntualmente pagate.

Nel 2018 si accordavano con altra banca per chiudere, a rate, un altro debito di circa 3.000 euro ma permane ad oggi altro debito con un’altra banca per più di € 5.000, anch’esso ceduto a una finanziaria.

Altra posizione debitoria assai consistente è quella nei confronti dell’Agenzia delle Entrate: più di € 200.000 lui, circa € 14.000 lei.

Il cliente si è quindi rivolto allo Studio Pagano & Partners che dopo l’analisi della posizione ha valutato di procedere con la liquidazione del patrimonio (una delle procedure previste dalla Legge 3/2012).

Cosa è una liquidazione?

È possibile accedere a questa procedura prevista dalla Legge 3 del 2012 anche senza essere in possesso di beni mobili/immobili (in questo caso si metterà a disposizione dei creditori ad esempio una provvista mensile derivante dallo stipendio) o avendo solo un reddito esiguo.

Vi si può accedere chiaramente anche nel caso in cui vi siano beni del debitore da liquidare (che siano ad esempio immobili o mobili registrati come le auto).

Il soggetto sovraindebitato, non avendo la possibilità di riuscire a formulare una proposta di rientro per tutti i creditori, prende la decisione di liquidare tutto quello che è il suo patrimonio.

Il debitore quindi cede il proprio patrimonio, destinandolo al pagamento dei suoi debiti. Il vantaggio concreto consiste nel fatto che il patrimonio disponibile è inferiore a tutto il monte debitorio e spesso non è di facile liquidazione e vendita.

Grazie a questa procedura vengono innanzitutto individuati i suoi beni, compreso lo stipendio. Si escludono dalla liquidazione i beni non pignorabili, i crediti necessari per l’alimentazione e il mantenimento nonché gli stipendi, nella misura necessaria al mantenimento del debitore e della sua famiglia.

Il Gestore della Crisi, nominato da un Organismo di Composizione della Crisi, redigerà –d’accordo con l’eventuale professionista designato e con il debitore- una relazione particolareggiata di attestazione che depositerà in Tribunale contenente, tra l’altro, una stima di questi beni, sia mobili che immobili.

Il giudice verificata la correttezza e la fattibilità della procedura emetterà il decreto di apertura della procedura liquidatoria.

L’obiettivo sarà quello di liquidare i beni riuscendo a sanare, almeno in parte, i debiti contratti dal soggetto sovraindebitato.

Tutto il ricavato, infatti, verrà successivamente destinato al pagamento, totale o parziale, dei debiti.

La procedura avrà la durata minima di 4 anni.

Tramite il decreto di apertura della liquidazione del patrimonio verranno sospese tutte le procedure esecutive pendenti e non potranno esserne iniziate di nuove.

Al termine della procedura il debitore, che avrà in qualche modo “sanato” la situazione derivante da impegni economici (obbligazioni) non rispettati nei confronti di tutti creditori, che si sarà comportato con diligenza, che avrà cooperato con gli organi della procedura, che non avrà omesso altri proventi e non avrà contratto nuovo debito, potrà aspirare ai benefici dell’esdebitazione e liberarsi definitivamente da tutti i debiti avendo nuovamente accesso al credito. L’esdebitazione non è automatica e andrà richiesta al giudice mediante ricorso.

Il fine ultimo delle procedure di sovraindebitamento è infatti l’esdebitazione, la totale liberazione dai debiti con lo stralcio definitivo del residuo (ciò che non si è “ripianato” con la procedura) e la possibilità di avere nuovamente accesso al credito.

 

Quindi, con un debito complessivo di oltre un milione e centomila euro mettono a disposizione dei creditori, nei quattro anni di procedura:

Lui:

  • la cessione delle sue quote degli immobili a un acquirente già individuato;
  • il subentro nelle procedure esecutive pendenti nei suoi confronti e nei confronti del padre e del fratello aventi ad oggetto gli immobili di loro proprietà pro quota;
  • l’intervento nella procedura esecutiva immobiliare volto al recupero della somma di sua competenza quale ex proprietario della quota di ½ dell’immobile;
  • la non opponibilità del pignoramento presso terzi ottenuto da una S.p.A. pari al 1/5 della retribuzione;
  • una somma mensile pari ad euro 200,00 per tutta la durata della procedura;
  • il riscatto anticipato della somma maturata nel Fondo Pensione.

Lei:

  • tutti i propri averi, i redditi ed eventuali altre entrate future per 4 anni dalla data di apertura del procedimento di liquidazione;
  • una somma mensile pari ad euro 150,00 per tutta la durata della procedura.

Liquideranno sostanzialmente nei 4 anni di procedura l’immobile già oggetto di esecuzione, del valore di circa € 65.000,00 e una provvista mensile di € 350,00, in due, per un totale di € 80.000,00 circa.

Un risultato sorprendente a fronte dell’enormità dei debiti!

Se rispetteranno quanto stabilito, alla fine della procedura potranno beneficiare dell’esdebitazione ottenendo la liberazione totale dai debiti che da oltre 15 anni li opprimono.


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