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Il Tribunale di Milano disattende la giurisprudenza sul tema confronto/raffronto interessi di mora e tasso soglia

Si analizza la sentenza di rigetto e condanna pronunciata nei confronti della società attrice difesa dallo Studio Pagano

Nel caso di specie, la società attrice, conduttrice di un contratto di leasing, conveniva in giudizio una società di leasing, deducendo l’applicazione e pattuizione di interessi usurari in relazione al suddetto contratto.

In particolare, parte attrice deduceva che il tasso di mora pattuito, da solo, superava il tasso soglia previsto alla stipula.

Sul punto è opportuno sottolineare che la pattuizione degli interessi (convenzionale e di mora)  oltre soglia rappresenta un vizio contrattuale genetico ed è come tale degno di rilievo sia per la violazione dell’art. 1815 c.c. II comma, il quale stabilisce “se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti gli interessi” sia per quanto stabilisce la Legge n. 24/01: ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 II comma c.c. si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal loro pagamento”.

Nella fattispecie de qua la società di leasing non ha, ad avviso della società attrice, rispettato la Legge n. 24/01 pattuendo tassi di mora ab origine usurati.

Cerchiamo di dare una risposta alla seguente domanda: “Perché il tasso di mora va confrontato con il tasso soglia?”

A questo interrogativo ha risposto la Corte di Cassazione con le numerose sentenze nelle quali riprende l’art. 644 c.p. e l’art. 1815 c.c. comma 2 ricordando la sentenza n. 350/13 resa dalla Suprema Corte che ha stabilito definitivamente il principio per cui, ai fini della valutazione dell’usura di un mutuo fondiario, occorre calcolare ogni tipo di interesse in quanto è così stabilito dalla L. 108/96 e dell’art. 1 del D.L 394/2000 di interpretazione autentica.

Di recente, la Cassazione Civile con ordinanza n. 5598 del 6.3.2017, ha espresso il principio secondo il quale se il semplice tasso di mora pattuito contrattualmente supera il tasso soglia il mutuatario, in applicazione dell’art. 1815 c.c., non dovrà pagare nessun interesse con il risultato che potrà ripetere gli interessi già pagati e non pagare più interessi sulle rate a scadere del mutuo.

Se il tasso di mora supera la soglia di usura alla pattuizione, e per tasso soglia di usura si intende quello degli interessi corrispettivi, il contratto quindi è in usura originaria e (conseguentemente, applicando le norme) la clausola che pattuisce gli interessi è nulla.

Nella stessa ordinanza citata la Cassazione Civile esprimeva altresì un altro determinante principio: l’articolo 1 della Legge 108 del 1996, il quale prevede la fissazione di un tasso soglia usura, riguarda sia gli interessi corrispettivi che gli interessi moratori.

Da ciò consegue che sia il tasso corrispettivo che il tasso moratorio sono sottoposti alle medesime norme anti usura e che esiste un solo tasso soglia usura, valido sia per gli interessi corrispettivi che per gli interessi moratori.

Pertanto, a nulla rilevano, le istruzioni della Banca d’Italia che individuerebbero un diverso tasso soglia per gli interessi di mora ottenuto maggiorando di 2,1 punti percentuali il TEGM per gli interessi corrispettivi e il tutto moltiplicato per una volta e mezzo se stesso.

Il Tribunale di Milano, tuttavia, aderisce ad un opposto orientamento e con la sentenza in esame ritiene specificamente che allo stato, non sia possibile procedere all’accertamento in concreto del carattere usurario degli interessi di mora, considerando che la Banca d’Italia calcola il Tasso Soglia sulla base del c.d. T.E.G.M., nel cui ambito, secondo le istruzioni operative per il relativo calcolo, non viene rilevato anche il tasso di mora (vista la sua natura non remunerativa).

Precisamente, il tasso soglia è determinato attraverso la rilevazione del Tasso Effettivo Globale Medio (T.E.G.M.) praticato nel periodo per la specifica tipologia di contratto e, quindi, operando su di esso la maggiorazione prevista (inizialmente il 50%, dal 14.5.2011 il 25% maggiorato a sua volta di 4 punti percentuali e con il limite di una maggiorazione finale rispetto al TEGM non superiore all’8%). Le rilevazioni del T.E.G.M. vengono effettuate trimestralmente dalla Banca d’Italia secondo le indicazioni e le prescrizioni impartite dal Ministero delle Finanze, le quali a loro volta prevedono che le predette rilevazioni statistiche siano condotte con riferimento esclusivo ai tassi corrispettivi.

Ne consegue che il Tasso Soglia, fondato sul TEGM, è determinato in virtù di rilevazioni statistiche che non prendono in considerazione gli interessi di mora, avendo esclusivo riguardo agli interessi corrispettivi (oltre alle spese, commissioni e oneri accessori all’erogazione del credito).

Ad avviso dell’organo giudicante, pertanto, sarebbe irragionevole confrontare la pattuizione degli interessi di mora, al fine di accertarne la natura usuraria, con il Tasso Soglia così determinato.

Si tratterebbe, secondo il Giudice, di un raffronto tra valori non omogenei (e cita così il, Trib. Milano, sez. VI, 28 aprile 2016, n. 5279).

E ancora: In ogni caso, anche laddove si ritenesse possibile, allo stato, valutare la natura usuraria degli interessi di mora mediante il raffronto con il tasso soglia come attualmente determinato, dovrebbe comunque ritenersi infondato l’assunto di parte attrice secondo cui l’usurarietà degli interessi di mora determinerebbe, per ciò solo, la nullità anche della distinta clausola di determinazione degli interessi corrispettivi.

Questa tesi non può essere condivisa in quanto nell’ipotesi di usurarietà degli interessi moratori, trattandosi di clausola autonoma avente distinta funzione rispetto a quella relativa agli interessi corrispettivi, ai sensi degli artt. 1815 comma 2 e 1419 c.c., sarebbe nulla la sola clausola di determinazione degli interessi moratori (che, pertanto, non sarebbero dovuti) ma sarebbero comunque dovuti gli interessi corrispettivi, se rispettosi del tasso soglia.

Il Giudice, dunque, rigetta la domanda attorea e condanna parte attrice al pagamento delle spese processuali tuttavia, per tutto quanto specificato sopra, si ritiene che la sentenza oggetto di questa dissertazione sia errata.


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