Studio Legale Pagano & Partners

Il Tribunale di L’Aquila apre la procedura liquidatoria. L’attivo è costituito solo da crediti futuri

Il soggetto sovraindebitato verserà alla procedura € 240,00 al mese (circa 1/5 dello stipendio)

Una storia di debiti che origina dal noto sisma che ha colpito la città di L’Aquila.

Il cliente dello Studio Pagano & Partners che è intermediario assicurativo, fino al 2009 riusciva a mantenersi dignitosamente tuttavia dopo il terremoto si ritrovava insieme alla sua famiglia -composta da lui, dalla moglie e dai due figli – nella situazione di non poter più percepire i canoni di locazione derivanti dai loro immobili, essendo i loro inquilini ricollocati nei numerosi progetti C.A.S.E.

La tragedia della città colpiva duramente l’attività lavorativa dell’uomo, non solo per la crisi economica che in generale investiva tutti, ma anche perché la sua sede lavorativa veniva completamente distrutta.

Gli agenti suoi colleghi, per di più, trattenevano le offerte ricevute dagli agenti assicurativi italiani per la ripresa dell’agenzia dell’Aquila (circa 80.000,00 euro), senza riconoscere alcunché agli altri agenti del territorio.

L’agenzia per la quale l’uomo lavorava veniva trasferita, per un periodo, nella sede di un’altra città, costringendolo a spostarsi più volte a settimana senza percepire alcun rimborso spese.

Nel 2012 l’agenzia de L’Aquila veniva data in gestione ad altra società la quale, non curante dei sacrifici fatti dall’uomo per mantenere il portafoglio clienti nella zona, gli toglieva senza motivo delle percentuali sulle provvigioni di incasso.

Intanto l’uomo, proprio a causa delle mancate entrate, stentava a pagare l’INPS, a discapito della sua tutela previdenziale, nonostante la previsione della rateizzazione dei contributi concessa ai soggetti residenti nelle zone colpite.

Ancora, nel 2013, l’agenzia assicurativa, a causa di una irregolarità nell’incasso di alcune polizze vita, faceva sottoscrivere all’uomo una dichiarazione dalla quale risultava che l’irregolarità veniva a lui imputata, con conseguente segnalazione all’ISVAP e risoluzione del mandato allo stesso.

Per far fronte al pagamento della sanzione notificatagli dall’ISVAP e per poter onorare il pagamento degli arretrati dei contributi INPS, contraeva un prestito con un istituto di credito per un importo pari ad € 25.000,00.

Nonostante queste disavventura l’uomo non si arrendeva e per poter continuare l’attività lavorativa, iniziava una collaborazione con altra compagnia assicurativa, rivelatasi purtroppo ben presto fallimentare, stante le scorrettezze del socio che non gli concedeva le dovute provvigioni; a causa di ciò, nel 2015 scioglieva la società e iniziava una collaborazione con un’altra compagnia, che effettuava l’emissione diretta delle polizze presso l’ufficio dell’uomo, che quindi non era più costretto a spostarsi.

Tuttavia, si rendeva ben presto conto che anche questo nuovo mandato non era redditizio ma ormai aveva trasferito la metà del suo portafoglio clienti presso la nuova compagnia.

A un passo dal baratro trova una soluzione nella legge 3/2012!

Il cliente si è quindi rivolto allo Studio Pagano & Partners che dopo l’analisi della posizione ha valutato di procedere con la liquidazione del patrimonio (una delle procedure previste dalla Legge 3/2012).

Cosa è una liquidazione?

È possibile accedere a questa procedura prevista dalla Legge 3 del 2012 anche senza essere in possesso di beni mobili/immobili (in questo caso si metterà a disposizione dei creditori ad esempio una provvista mensile derivante dallo stipendio) o avendo solo un reddito esiguo.

Vi si può accedere chiaramente anche nel caso in cui vi siano beni del debitore da liquidare (che siano ad esempio immobili o mobili registrati come le auto).

Il soggetto sovraindebitato, non avendo la possibilità di riuscire a formulare una proposta di rientro per tutti i creditori, prende la decisione di liquidare tutto quello che è il suo patrimonio.

Il debitore quindi cede il proprio patrimonio, destinandolo al pagamento dei suoi debiti. Il vantaggio concreto consiste nel fatto che il patrimonio disponibile è inferiore a tutto il monte debitorio e spesso non è di facile liquidazione e vendita.

Grazie a questa procedura vengono innanzitutto individuati i suoi beni, compreso lo stipendio. Si escludono dalla liquidazione i beni non pignorabili, i crediti necessari per l’alimentazione e il mantenimento nonché gli stipendi, nella misura necessaria al mantenimento del debitore e della sua famiglia.

Il Gestore della Crisi, nominato da un Organismo di Composizione della Crisi, redigerà –d’accordo con l’eventuale professionista designato e con il debitore- una relazione particolareggiata di attestazione che depositerà in Tribunale contenente, tra l’altro, una stima di questi beni, sia mobili che immobili.

Il giudice verificata la correttezza e la fattibilità della procedura emetterà il decreto di apertura della procedura liquidatoria.

L’obiettivo sarà quello di liquidare i beni riuscendo a sanare, almeno in parte, i debiti contratti dal soggetto sovraindebitato.

Tutto il ricavato, infatti, verrà successivamente destinato al pagamento, totale o parziale, dei debiti.

La procedura avrà la durata minima di 4 anni.

Tramite il decreto di apertura della liquidazione del patrimonio verranno sospese tutte le procedure esecutive pendenti e non potranno esserne iniziate di nuove.

Al termine della procedura il debitore, che avrà in qualche modo “sanato” la situazione derivante da impegni economici (obbligazioni) non rispettati nei confronti di tutti creditori, che si sarà comportato con diligenza, che avrà cooperato con gli organi della procedura, che non avrà omesso altri proventi e non avrà contratto nuovo debito, potrà aspirare ai benefici dell’esdebitazione e liberarsi definitivamente da tutti i debiti avendo nuovamente accesso al credito. L’esdebitazione non è automatica e andrà richiesta al giudice mediante ricorso.

Il fine ultimo delle procedure di sovraindebitamento è infatti l’esdebitazione, la totale liberazione dai debiti con lo stralcio definitivo del residuo (ciò che non si è “ripianato” con la procedura) e la possibilità di avere nuovamente accesso al credito.

 

Non essendo intestatario di immobili – vive infatti con la moglie e i due figli in comodato d’uso gratuito presso l’immobile della madre – ne di beni mobili registrati, l’uomo, a fronte di un monte debitorio pari a circa € 90.000,00 mette a disposizione della procedura soltanto:

  • una provvista mensile di € 240,00 (pari a circa il quinto del reddito mensile) per poco più di 7 anni, per un totale di € 20.230,00.

Il Giudice di L’Aquila sottolinea che “secondo l’ormai prevalente giurisprudenza di merito, deve riconoscersi l’accesso del debitore alla procedura ex art. 14 ter e seguenti l. 3/2012 anche qualora nel patrimonio di quest’ultimo non residuino beni mobili o immobili e l’attivo sia costituito solo da crediti futuri. (..) (cfr. Corte Appello Verona 20-12-2018 nonché, in senso conforme, Trib. Pordenone 14-03-2019, Trib. Matera 24-7-2019). D’altronde, l’adesione all’orientamento possibilista è corroborata dalla scelta del legislatore di inserire tra i beni non compresi nella liquidazione i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività nei limiti di quanto occorra al mantenimento suo e della sua famiglia indicati dal giudice. Se ne ricava che detti crediti, per la parte eccedente la quota necessaria al sostentamento del nucleo familiare, sono ricompresi tra i beni giuridici destinati al soddisfo dei creditori nella procedura di liquidazione“.

Con l’ applicazione della legge sul sovraindebitamento il cliente è tornato a vivere e se rispetterà quanto stabilito potrà richiedere, alla fine della procedura, l’esdebitazione che gli permetterà di liberarsi definitivamente dai debiti.


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